Immigrazione: Sibau VS Torrenti


“Noi abbiamo bisogno di nuove persone, immigrati da lavoro”. Questo il pensiero palesato senza troppi giri di parole dall’assessore regionale Gianni Torrenti in occasione della presentazione del Rapporto sull’immigrazione 2016. “Concetto che non lascia spazio a interpretazioni – dichiara Giuseppe Sibau, consigliere regionale di Autonomia Responsabile – che ha provocato rabbia e delusione in molti friulani da cui sono stato contattato. Persone oneste, non certo contrarie a priori all’integrazione, ma che si sentono ancora una volta messi all’angolo dalla politica locale. Quante aziende hanno chiuso negli ultimi anni? Quanti nostri ragazzi sono stati costretti ad andare all’estero? Eppure Torrenti e Serracchiani non si sono espressi con lo stesso tatto e sensibilità. Anzi l’assessore ironizza sulla cultura occidentale affermando che il nostro riferimento sono i Pokemon Go mentre, per gli stranieri, è il Corano. In un momento di crisi e tensione come quello attuale, uscite di questo genere non fanno altro che acuire le differenze, fomentare gli animi e creare divario sociale. Invece di giudicare il popolo friulano e gli italiani perché Torrenti non dice cosa ha fatto e sta facendo la sinistra in materia? L’occupazione in Friuli Venezia Giulia è in calo e sto monitorando con attenzione la questione, dopo averla evidenziata. Torrenti dichiara che bisogna incrementare le nascite e per farlo ritiene opportuno aumentare gli immigrati; non sarebbe forse meglio migliorare e implementare i servizi esistenti per le famiglie? Non sarebbe forse opportuno diventare come i paesi del Nord Europa in cui alle madri non viene impedito di lavorare perché ricevono adeguato sostegno? Pare che l’Italia stia tornando indietro per quanto riguarda il tema maternità e lavoro perché sono numerose le donne che, dopo la nascita di un figlio, sono costrette a rimanere a casa. Anche le gravidanze vengono pianificate in base ai contratti di lavoro e alla loro scadenza. Altre donne, invece, basano le proprie possibilità occupazionali sulla disponibilità dei nonni perché non si possono permettere di sostenere i costi dell’asilo nido, sicuramente cospicui per un nucleo familiare. L’assessore ci chiede di fare un passo indietro nel confronto con le altre culture, ci impone di rinunciare alle nostre radici in virtù di una nebulosa teoria sull’equilibrio demografico. Noi di Autonomia Responsabile, pur essendo liberali di natura e per statuto, non possiamo accettare questa mancanza di concretezza. Le frasi fatte non servono a migliorare le cose, né per noi né per i nuovi italiani e i cittadini stranieri. I figli implicano spese e responsabilità, ecco perché l’età media in cui si decide di affrontare il primo parto si sposta sempre più verso i quarant’anni, anche se il desiderio permane da molto prima. Servono parchi curati, scuole sicure, per citare alcuni esempi. L’Unione Europea ha ribadito che l’aumento dell’occupazione femminile è necessario per garantire la sostenibilità del modello sociale, ma per fare questo bisogna implementare innanzitutto gli strumenti che tutelano la maternità garantendo la conciliazione tra i tempi di lavoro e quelli di cura dei propri figli. E’ inaccettabile -evidenzia Sibau – che alle soglie del 2017 una donna debba ancora scegliere tra lavoro e famiglia. Il sistema degli sgravi fiscali inibisce, in taluni casi, il rientro delle donne invece di agevolarlo, basti pensare che lo stipendio di una mamma lavoratrice finisce tutto in nido o baby-sitter. Non sempre, inoltre, uomini e donne ricevono lo stesso trattamento economico dal datore di lavoro. Occorre potenziare la presenza dei nidi anche all’interno delle aziende per lanciare un messaggio pro famiglia e pro nascite. Questo significa percorrere la strada dell’innovazione per creare nuova occupazione. Il tema dell’immigrazione, così come è stato posto dalla sinistra, rischia di essere pretestuoso, occultare altri obiettivi e trasformarsi in un boomerang visto che gli altri Paesi europei non hanno alcuna intenzione di affrontare il problema, tanto meno di rinunciare alle proprie tradizioni per l’accoglienza. Il troppo buonismo, a volte, può provocare effetti peggiori del populismo”.