Di Renzo Tondo – Ieri mattina, la Commissione Ue ha diffuso il suo responso, dal quale l’Italia risulta (sia per l’anno passato che per il prossimo) il peggior paese europeo in termini di crescita, Grecia a parte. Non basta: la produzione industriale crolla; la disoccupazione giovanile è a livelli tragici; nelle zone terremotate si spera nel dio Sole; il problema immigrati resta tale; le famiglie povere aumentano con la stessa progressione dei malati di videopoker.
Crediamo che in Italia tranne i diretti interessati, nessuno sia interessato alle diatribe personali o pensionistiche che stanno dietro al congresso del Pd, al tentativo di Renzi di tornare a essere il deus ex machina della Nazione, alla pseudo scissione di Bersani, alle elucubrazioni di Cuperlo, ai tardivi appelli all’unità della nostra governatrice, ormai stabilmente di stanza a Roma. Sono lontani i tempi del Giglio magico trionfante e delle sfilate dei cortigiani e delle banderuole alla corte di Debora Serracchiani, che oggi , più lontana che mai dalla regione che governa, deve fare i conti più difficili, non con i gli oppositori interni, ma con se stessa, con il fatto gravissimo per un politico di non avere capito che le prese di posizione autoritarie – e mai autorevoli- della sua giunta sull’immigrazione, sulla sanità, sul rilancio dell’economia, ma anche su turismo e sulla cultura hanno aumentato il disagio della gente e creato una distanza siderale tra il popolo (sì il popolo e lo diciamo forte) e chi lo governa.
Le sconfitte di Trieste, di Pordenone, poi di Monfalcone e di Codroipo, quindi la sberla finale del referendum hanno soffiato forte sul castello di carte di un riformismo tutto forma e niente sostanza, su cui si chiude, lugubre come una pietra tombale, il pasticciaccio brutto delle Uti. Affonda questa giunta regionale nel naufragio di un partito, il Pd, che non ha più niente da dire, ideali o personaggi a cui aggrapparsi: si salvi chi può, ma sulla scialuppa i posti sono contati. E prenotati da tempo.
Renzo Tondo