Reddito di inclusione: sarà flop?


di Miro Kosic-   Il 2 settembre 2016 il governo Renzi aveva approvato il “Sia” (sostegno per l’inclusione attiva). Ma (udite, udite), ad un anno di distanza, il governo Gentiloni ha deciso di varare il “Rei” (Reddito di inclusione) in sostituzione del Sia. Si tratta del recepimento delle proposte avanzate dal 2013 da parte dell’Alleanza contro la povertà.  La legge di stabilità 2016 aveva istituito il Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, con un finanziamento di 1 miliardo di euro l’anno. La Legge di Bilancio 2017 (risparmiando sulla Social card nel triennio 2015-17, i risparmi Sia 2016 non utilizzati per le complicanze burocratiche), le risorse previste per l’ampliamento del Sia per l’anno in corso ammontano a oltre 1,6 miliardi di euro. Il Rei, che sarà operativo dal 1° gennaio 2018, disporrà della stessa cifra, più gli avanzi non spesi per il Sia nel 2017. C’è un’unica differenza rilevante tra il Sia ed il Rei: quella di includere al 100% nello stato sociale i cittadini senza cittadinanza italiana e di diminuire il requisito della residenza in Italia dai 5 ai 2 anni. Il Rei (che può arrivare fino a 485 euro in caso di famiglie numerose presumibilmente non italiane) andrà sia ai cittadini dell’Ue (scontato) e sia a quelli extra Ue che siano titolari di un «permesso di soggiorno di lungo periodo», residenti in Italia da almeno 2 anni al momento della presentazione della domanda e senza l’obbligo di lavorare in Italia, come previsto per altre misure sociali. Le opposizioni di centrodestra avevano presentato vari emendamenti per estendere il requisito di residenza a dieci anni, ma sono stati tutti respinti. Non esiste alcuna previsione, né sulle ricadute finanziarie né su quale percentuale di aventi diritto potrà realmente beneficiare del contributo. Siamo però certi di tre cose:

  1. se lo Ius soli sarà approvato, avremo subito circa 800 mila nuovi cittadini italiani e altri 60 mila all’anno. Con “questo” welfare dissennato e irresponsabile il governo va a caccia di voti costi quel che costi. Il passaporto tricolore, in sé, non suscita un interesse sufficiente… Meglio beneficiare subito di ciò che i cittadini italiani hanno costruito con decenni di sacrifici;
  2.  la nostra Regione ha precorso e superato “questo” tipo di politica con il Mia. Ne ho parlato più volte senza alcuna replica o smentita sulle cifre, né sul fatto che solo il 40% del finanziamento regionale va ai cittadini italiani. Il finanziamento regionale per questa misura è triplicato dal 2015 al 2016 (da 10 a 39 milioni) e quello erogato per il 2017 copre solo la metà degli aventi diritto;
  3. è prevedibile che l’introduzione del Rei in sostituzione del Sia aumenterà il caos degli sportelli comunali, perché il 60% delle risorse (famiglie più numerose) dovrà essere erogato a utenti che non parlano la nostra lingua. Per erogare il Mia, la nostra Regione ha dovuto assumere venti persone dedicate alle procedure di erogazione del Mia. Se per sbrogliare le complicanze burocratiche e linguistiche in una regione di 1.200.000 abitanti sono state assunte 20 persone, quante ne dovrebbe assumere lo Stato per una popolazione che ammonta a 62.000.000?

L’assessore ai Servizi sociali del Comune di Trieste, C. Grilli, ha già dichiarato che in questo modo più che aiutare i poveri si rischia di bloccare i servizi erogati, perché la macchina amministrativa rischia di incepparsi ulteriormente. Infatti, la sommatoria per l’erogazione del Mia (Fvg/Serracchiani) e del Sia (Governo Renzi) ha bloccato fino a primavera inoltrata entrambi i sussidi. Sembra che il governo di centrosinistra persegua, con ostinata coerenza, l’orientamento ad includere i cittadini stranieri nelwelfare nazionale. Anzi, le limitazioni sono minori. Gli stranieri dispongono già del bonus asilo nido, dell’assegno di maternità (dei Comuni) per gli stranieri per le madri disoccupate, i contributi per l’affitto e anche i famosi 500 euro del bonus cultura di Renzi. Con il Rei (sarà operativo dal 1° gennaio 2018), in vista delle prossime elezioni e Ius Soli approvato, si spera di comprare ancora qualche voto. L’Alleanza contro la povertà (ne fanno parte 35 organizzazioni tra Caritas, realtà associative, rappresentanze dei Comuni e delle Regioni, enti di rappresentanza del terzo settore, e sindacati) è capace di promuovere queste politiche per gli italiani poveri (sia assoluti che relativi) che sono in crescita costante?

Miro Kosic