Il taglio del numero dei consiglieri regionali e l’abbattimento del debito sono esempi concreti di autonomia responsabile e virtuosa. La sfida, ormai, è su tasse e lavoro. Inutili i voli pindarici, dobbiamo ricalibrare il concetto di autonomia: meno convegni, più sgravi fiscali e soluzioni occupazionali. Dobbiamo altresì esorcizzare il rischio che concetti quali identità culturale, autonomia e specialità restino, agli occhi dell’opinione pubblica, confinati in un perimetro di vaga astrattezza, e precipitino di conseguenza nel baratro del disinteresse. Se l’autonomia diventa argomento per disquisizioni elitarie o baluardo di retroguardia per chi si arrocca a difendere il fortino, è destinata ad appassire progressivamente, fino a estinguersi. Come restituirle vigore? Con la concretezza. L’autonomia non può prescindere dalle risorse, soprattutto in una regione stretta nella morsa della concorrenza di Austria e Slovenia, che offrono alle aziende una pressione fiscale dimezzata, e una burocrazia accessibile, a differenza da quella, vessatoria e ipertrofica, italiana. C’è poi l’aggravante logistica: periodicamente, Generali “minaccia” di traferirsi a Milano puntando l’indice contro l’isolamento di Trieste. Nella scorsa legislatura, abbiamo avviato i lavori, che stanno proseguendo, per la realizzazione della terza corsia dell’A4, ma il traffico su ferro e la portualità devono crescere, mentre l’aeroporto deve riprendere quota. Non si tratta di rivendicare paternità o cercare un capro espiatorio, serve uno sforzo di tutte le forze politiche. Cultura e lingua di un territorio sono un patrimonio inestimabile dal punto di vista identitario, ma senza risorse vere non ci può essere agibilità politica. Il potenziamento dell’autonomia fiscale e tributaria è l’unico strumento per reggere la forza urto della concorrenza. Un Friuli Venezia Giulia competitivo è prezioso anche per Roma: il depauperamento delle periferie si riverbera negativamente sulla capitale, già storicamente alle prese con la questione meridionale. Roma non può pensare di usare il Nord come un bancomat per tappare le voragini aperte dal Sud: il sistema scoppia, i referendum sull’indipendenza del Veneto certificano un malessere che sta fermentando. Il nostro livello di autonomia impallidisce al cospetto delle altre Regioni e Province autonome. Siamo speciali sulla carta, ma nei numeri? A noi rimangono i 6 decimi del gettito Irpef, alla Sicilia, alla Valle d’Aosta e alle Province di Trento e Bolzano i 9/10, alla Sardegna i 7/10. Non basta: quelle risorse sono teoriche, perché Roma non versa un ulteriore decimo dell’Irpef pagata dai dipendenti dello Stato che risiedono in Fvg, circa 50mila lavoratori. Le manovre finanziarie di questi anni, dal governo Monti in poi, hanno acuito i rigurgiti neocentralisti di Roma, e hanno progressivamente eroso i margini di autonomia decisionale e fiscale. Beffardo quanto fatto dal governo Monti: sostenendo la necessità di ridurre il debito pubblico nazionale, ha sottratto al bilancio regionale circa un miliardo e 200 milioni, tra mancati trasferimenti e vincoli di spesa. Risultato: Friuli Venezia Giulia mutilato di un quarto del suo “tesoretto”, e debito pubblico nazionale che ha proseguito serenamente nella sua folle ascesa, mentre noi, in questa Regione, lo abbiamo tagliato, venendo penalizzati anziché premiati dal governo. Di fatto, quindi, Roma ha tolto a una regione virtuosa somme ingenti per scaraventarle nel pozzo di San Patrizio romano, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti: un debito pubblico che ha sfondato la barriera dei 2mila e 200 miliardi, in continua ascesa. Se facessimo un conteggio complessivo, scopriremmo che, considerato che ci paghiamo per intero il comparto sanitario, riceviamo dallo Stato un trattamento peggiore rispetto alle Regioni ordinarie, che quantomeno sulla sanità non spendono un euro, visto che attingono dal fondo dello Stato centrale. Questo conferma, al netto di altre valutazioni, che il Friuli Venezia Giulia non specula sulla specialità, la esercita in modo virtuoso, e non contrappone mai gli interessi della Regione a quelli dello Stato: questa è la filosofia di fondo di Autonomia Responsabile. Non ci può essere autonomia senza Generali, Fincantieri, Wartsila, Danieli e altri grandi soggetti dell’economia. Né può esserci specialità senza leva fiscale: il decreto legislativo 129 del 2014 “Norme di attuazione concernenti l’articolo 51, comma 4, dello Statuto Speciale della Regione autonoma Friuli- Venezia Giulia in materia di tributi erariali” assegna alla Regione competenze e facoltà importanti, che, fino a ora, non sono state sfruttate. Oggi l’autonomia è preziosa come l’aria, ma dobbiamo uscire dall’autoreferenzialità: ci serve più agibilità fiscale per attirare le imprese e creare posti di lavoro. Non cediamo alla nostalgia, non lasciamoci imbrigliare dal fanatismo ideologico, rilanciamo su lavoro, tasse e occupazione.
Renzo Tondo, presidente del gruppo di Autonomia Responsabile in Consiglio Regionale