La relazione del Consigliere Revelant al DDL 82 “Disciplina organica in materia di difesa del suolo e utilizzazione delle acque.”


Signor Presidente, Signori Consiglieri,

credo siamo tutti d’accordo sulla necessità dell’intervento di riordino istituzionale ed organizzativo del sistema di governance della difesa del suolo e della sicurezza idraulica.

I cambiamenti climatici hanno sempre più spesso effetti devastanti sul nostro territorio, causati anche da un eccessivo sfruttamento del suolo e da una manutenzione ordinaria che si sta rilevando inadeguata ed insufficiente rispetto le rinnovate esigenze. In questa situazione per proteggere la nostra terra ed i nostri cittadini è sempre più urgente intervenire per ridurre la vulnerabilità dei sistemi naturali e socio-economici ed aumentare la loro resilienza di fronte agli inevitabili impatti del clima in evoluzione. L’Unione Europea ha riconosciuto l’importanza della protezione del suolo ed ha dato avvio ad una strategia unitaria e tematica nel 2002 con la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni COM(2002) 179 con lo scopo di portare avanti un impegno politico di difesa del territorio basato su un approccio precauzionale di prevenzione del futuro degrado del suolo e sull’integrazione della sua protezione in diverse politiche per arrestare i processi di degrado in corso e assicurare protezione in futuro. L’approccio definito a livello europeo era basato su due dimensioni, una europea ed una locale, per questo motivo anche la Regione Friuli Venezia Giulia deve farsi parte attiva per implementare le politiche volte garantire la protezione del territorio e delle sue risorse.

Il disegno di legge in approvazione tuttavia tratta in maniera solo marginale la difesa del suolo ponendo in secondo piano la geologia, la geomorfologia e la geomeccanica delle rocce e concentrandosi in prevalenza sulla classificazione delle acque e sul loro utilizzo. Non viene dato, infatti, il rilievo dovuto alla componente di prevenzione considerata in termini ordinari attraverso una precisa definizione delle competenze e delle funzioni delegate, comportando di fatto una necessaria priorità al momento della gestione dell’emergenza sul momento dell’intervento preventivo.

La difesa del suolo non può e non deve basarsi solo sulla sicurezza idraulica, ma deve essere considerata attraverso una strategia globale che parta dalla conoscenza del suolo e delle sue criticità e dal monitoraggio e dalla classificazione delle aree a rischio per definire regole, strumenti, programmi e risorse per la definizione di un’efficace politica di prevenzione applicata alle singole peculiarità del territorio. La difesa del suolo non può limitarsi ad una enucleazione di principi, ma deve integrare norme, azioni attuative e strumenti di pianificazione, come ad esempio il Piano regionale di tutela delle acque (PRTA), il Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico dei bacini regionali (PAIR), il Piano di bacino ed altri, che sono ancora in fase di definizione.

Non possiamo pensare di avere esaurito il tema della difesa del suolo se approviamo un disegno di legge che si prefigge l’obiettivo di garantire l’uso del territorio e del controllo sugli utilizzi delle risorse attraverso la classificazione dei corsi d’acqua, la classificazione delle opere idrauliche, l’unificazione della gestione dei principali corsi d’acqua e dei bacini montani e l’introduzione di sistemi informatici di rilevazione della realtà territoriale. Queste misure richiamano ad una legge organica sul rischio idrogeologico e l’utilizzazione delle acque e le norme contenute nel disegno di legge ed in particolare il titolo III “Difesa del suolo”, composto da due Capi, “Tutela idrogeologica del territorio” e “Interventi sulla rete idrografica e di sistemazione dei disseti franosi” confermano un’impostazione fortemente sbilanciata sul tema delle risorse idriche.

Come evidenziato anche nel corso delle audizioni questo disegno di legge non può rappresentare un punto di arrivo, ma solo un punto di partenza per lo sviluppo di una disciplina che deve essere implementata negli aspetti riguardanti la prevenzione quale strumento fondamentale di difesa del suolo. Ricordo infatti che intervenire quando un dissesto è già avvenuto ha dei costi in termini di studi e di provvedimenti di messa in sicurezza molto più elevati di un sistema organizzato di prevenzione e manutenzione ordinaria.

Ciò premesso, credo che questo disegno di legge sia un’occasione da non perdere per riorganizzare la governance del sistema dei bacini idrografici della nostra Regione e per rendere più efficace in termini di sicurezza, ma anche in termini di sfruttamento sostenibile, l’utilizzo delle risorse idriche regionali.

Per quanto riguarda gli interventi sulla rete idrografica, è fondamentale ragionare focalizzando l’attenzione sulla manutenzione ordinaria degli alvei e pertanto credo che l’impostazione del disegno di legge volta a disciplinare l’estrazione e l’asporto di materiale litoide, attraverso l’individuazione dei corsi d’acqua e dei tratti dove è necessaria e quelli in cui tale attività è interdetta, sia corretta, poiché questo sistema permette di programmare gli interventi e di effettuare le opere di manutenzione attraverso una corretta realizzazione dell’interesse sia pubblico che privato. Non serve, infatti, ricordare che la crisi che stiamo vivendo ha colpito in maniera molto forte il settore edile e questo ha inciso negativamente sui costi dei materiali, tanto da rendere l’estrazione di materiale litoide sempre meno conveniente per il settore privato. Rendendo più chiare e trasparenti le procedure autorizzative si agevola l’instaurazione di sistema in cui il privato, perseguendo il giusto fine economico, interviene dove altrimenti dovrebbe intervenire il pubblico con costi elevati a carico del cittadino per mantenere la sicurezza idraulica.

L’auspicio pertanto è quello che il sistema così riorganizzato di manutenzione degli alvei migliori il raccordo tra i soggetti di parte pubblica e privata interessati, per delegare quanto più possibile la manutenzione dei corsi d’acqua ai soggetti privati ed evitare interventi pubblici se non strettamente necessari e che tale processo di responsabilizzazione della parte privata non sia ostacolato, come purtroppo avviene troppo spesso, da logiche estreme di protezione della flora e della fauna e da un eccessivo richiamo alla Direttiva “Habitat” 92/43/CEE. Approfitto di questa sede per sensibilizzare ad una razionale valutazione delle diverse situazioni, poiché ricordo che è proprio la mancanza di manutenzione ordinaria degli alvei che porta sovente alla creazione di isole vegetative, che oltre a ridurre la sezione del letto di scorrimento, diventare spesso sede di eventuale nidificazione di specie aviarie che altrimenti stanzierebbero altrove, come succede dall’origine del mondo anche senza l’intervento dell’uomo.

Per quanto riguarda il Titolo IV in merito all’utilizzazione delle acque, ritengo opportuno approfittare di questo disegno di legge per fare dei ragionamenti sul tema delle derivazione d’acqua a scopo idroelettrico. Il tema dell’energia idroelettrica non riguarda infatti solo il settore energetico, ma ha delle forti implicazioni di carattere ambientale legate appunto all’utilizzo delle risorse idriche, con le contraddizioni che tale parallelo porta con sé. Se da un lato le politiche energetiche orientate al raggiungimento degli obiettivi UE 2020 portano verso una promozione delle fonti rinnovabili e, nel caso della realtà italiana per la sua configurazione morfologica, allo sviluppo del settore idroelettrico per aumentare il grado di autosufficienza energetica, dall’altro la tendenza è quella della protezione dei corsi d’acqua con le conseguenti restrizioni in termini di minimo deflusso vitale e di temporaneità delle concessioni. In questo contesto la nostra Regione potrebbe giocare un ruolo importante in quanto la ricchezza dei bacini idrografici regionali potrebbe permetterci di utilizzare la risorsa idrica in termini energetici garantendo l’adeguata protezione ai corsi d’acqua. Tale obiettivo tuttavia può essere raggiunto solo attraverso scelte coraggiose e di ampio respiro, che sappiano approfittare delle risorse naturali del nostro territorio, ma anche dei poteri normativi che sono concessi dallo Statuto speciale. Il Decreto legislativo 23 aprile 2002, n. 110 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di energia, miniere, risorse geotermiche e incentivi alle imprese) trasferisce alla Regione tutte le funzioni (tranne quelle espressamente elencate) in materia di energia che concernono le attività di ricerca, produzione, trasporto e distribuzione di qualunque forma di energia. Per sfruttare tale delega di funzioni che lo Stato ci ha riconosciuto dobbiamo dimostrare di poter camminare con le nostre gambe e per farlo abbiamo bisogno di una precisa disciplina organica delle concessioni di derivazione di acque a fini idroelettrici che definisca la materia nei limiti sanciti dal Regio Decreto 1775/1933, al quale non è possibile derogare. Questo disegno di legge pertanto deve rappresentare l’occasione per assumersi un impegno importante di definizione di tale normativa. Dobbiamo partire dalle norme inserite in questo disegno di legge per riorganizzare e adattare la materia alle esigenze specifiche della nostra regione nell’esercizio delle competenze spettanti in virtù delle norme di attuazione dello Statuto speciale. Al tal fine, mi auguro che i colleghi Consiglieri regionali comprenderanno l’importanza dell’emendamento volto ad impegnare la Giunta regionale a elaborare entro 18 mesi dall’entrata in vigore della presente legge un disegno di legge recante la disciplina delle concessioni di derivazione d’acqua a scopo idroelettrico. La Provincia Autonoma di Trento, grazie al trasferimento delle funzioni in materia di energia ha riorganizzato il comparto energetico innovando il quadro normativo delle concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico e ciò ha permesso di esercitare il controllo strategico sul settore idroelettrico e di generare attraverso l’introduzione del cosiddetto “canone ambientale” un volume di entrate ripartite tra i Comuni rivieraschi volte al finanziamento di misure ed interventi di miglioramento ambientale.

La lezione della Provincia Autonoma di Trento non può essere trascurata, ma deve essere un esempio per avviare un percorso che porti la nostra regione all’autosufficienza energetica. In passato abbiamo già perso un’occasione importante perché non eravamo pronti per acquistare la centrale di Somplago messa di vendita da Enel, all’epoca, infatti, era stata avanzato la proposta di acquisire la centrale creando una cooperativa sostenuta da regione e imprenditori locali per intraprendere il processo verso l’autosufficienza energetica del nostro territorio beneficiando della produzione idroelettrica locale. Sperando che tale occasione non fosse l’ultima dobbiamo incominciare a guardare al futuro ed alle occasioni che potranno ripresentarsi per evitare di perdere ulteriori opportunità di crescita e sviluppo importanti per la nostra regione. A tal proposito credo siano maturi i tempi per trarre dalla Provincia di Trento un altro importante esempio e predisporre tutte le azioni necessarie, sia a livello locale che a livello nazionale per sviluppare una strategia energetica basato sullo sfruttamento delle nostre risorse idriche a scopi idroelettrici. Dobbiamo incominciare a gettare le basi operative e ragionare sugli assetti organizzativi che possono permetterci di raggiungere tali obiettivi energetici e approfittando di questo disegno di legge considerare con la dovuta onestà intellettuale la creazione di una società a prevalente partecipazione regionale che abbia ad oggetto l’organizzazione dei mezzi tecnici, economici, finanziari ed umani per le attività di ricerca, produzione, trasporto, distribuzione, dispacciamento e vendita di energia al fine di raggiungere l’autonomia energetica del Friuli Venezia Giulia tutelando nel contempo l’ambiente e le risorse idriche. Potrebbe essere l’occasione per elevare di livello questo disegno di legge, che altrimenti rischierebbe di essere un atto di riordino della legislazione senza coraggio. Se vogliamo essere veramente “speciali” dobbiamo allargare le nostre prospettive: aprire il dibattito su un tema così importante, come quello dell’autonomia energetica, nel momento in cui approviamo un disegno di legge di tutela delle nostre risorse idriche e difesa del suolo sarebbe una prova di grande lungimiranza e darebbe a questa legge un respiro strategico e programmatico.

Siamo pertanto pronti a fare la nostra parte nel corso dell’esame in Aula del provvedimento in quanto siamo consapevoli dell’importanza della tutela del nostro territorio e delle difesa del suolo, come abbiamo già dimostrato con il fondamentale lavoro svolto nel gruppo informale costituitosi a fronte della nostra richiesta. Converrete tutti che tale attività ha permesso di migliorare notevolmente il testo giuntale arricchito anche dagli apporti degli stakeolders sentiti nelle audizioni. Sotto questo profilo è stato più che mai opportuno l’accoglimento della nostra richiesta di posticipare la seduta del Consiglio per permettere un lavoro serio e completo. Credo che sotto l’aspetto del metodo che diventa sostanza non si possa non riconoscere la serietà del modo di fare politica da parte di un’opposizione che rifugge da cliché di facile appeal esterno privilegiando il merito e l’interesse generale.

Con lo stesso atteggiamento affronteremo i lavori dell’Aula ma solo se troveremo terreno fertile per proseguire il dialogo costruttivo volto a migliorare la proposta avanzata dalla Giunta regionale. Ribadisco infatti che tale disegno di legge deve rappresentare un punto di partenza, perché la difesa del suolo merita e necessita un approccio approfondito, metodico e scientifico, che non abbiamo riscontrato in questa sede, ma soprattutto deve sancire l’avvio di un processo di sviluppo strategico delle risorse idriche regionali nel rispetto delle stesse, al fine di garantire un futuro in termini di sicurezza, sostenibilità e crescita alla nostra Regione.

 

ROBERTO REVELANT